IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nella procedura esecutiva immobiliare iscritta al n. 23/1991 r.g. esecuzioni, promossa dal Credito Fondiario S.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore, nei confronti del fallimento "Societa' immobiliari riunite S.r.l.", in persona del curatore. PREMESSO IN FATTO 0. - Con atto notificato il 23 febbraio 1991 nei confronti del fallimento della "Societa' immobiliari riunite S.r.l.", trascritto il 25 marzo 1991, il Credito Fondiario S.p.a., corrente in Roma, ha sottoposto a pignoramento un complesso immobiliare sito in Castellamonte (Torino), composto da numerosi appartamenti e relative pertinenze. Va detto sin d'ora che parecchi appartamenti componenti il complesso pignorato erano stati venduti dalla societa' immobiliare prima del fallimento. Con istanza depositata in data 6 maggio 1991 il Credito Fondiario chiedeva a questo giudice la vendita dei beni pignorati. Veniva disposta ed espletata consulenza tecnica di stima del compendio immobiliare. All'udienza ex art. 569 del c.p.c. il Credito Fondiario instava per l'immediata vendita in lotto unico del compendio. Si opponevano alcuni aventi causa della Societa' immobiliari riunite. Trattasi della particolare procedura esecutiva disciplinata dal r.d. 16 luglio 1905, n. 646 (t.u. delle leggi sul credito fondiario). Invero gli artt. da 38 a 59 e l'art. 20 del t.u. - che qui interessano - non sono stati abrogati o modificati dalla recente legge 6 giugno 1991, n. 175 che ha, a sua volta, abrogato il d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7. Permangono dunque: da un lato, la facolta' dell'Istituto di Credito Fondiario di (1) agire contro l'originario debitore pur se questi abbia trasmesso ad altri la proprieta', quando gli aventi causa non abbiano provveduto a notificargli il titolo d'acquisto, e di (2) agire esecutivamente in pendenza di fallimento del mutuatario moroso, in virtu' della espressa riserva contenuta nell'art. 51 della legge fallimentare; dall'altro lato, la facolta' degli aventi causa del mutuatario, che non provvidero alla notifica del titolo di acquisto, di intervenire nella procedura. Come si e accennato sopra, e' stato depositato in data 11 novembre 1992 ricorso per intervento ex art. 20, quinto comma, del r.d. n. 646 del 1905 da parte della Sirem S.r.l. All'udienza in data 18 novembre 1992 hanno spiegato intervento anche i signori Aldo De Vito, Fernando Marino, Fiorentina La Notte, Adriana Barinotto Nigra, Giovanni Fetta e Domenica Sartorio. Tutti gli intervenuti, diretti aventi causa del mutuatario, premesso di aver acquistato unita' immobiliari in base a titolo regolarmente trascritto nei registri immobiliari e che il dante causa si era impegnato ad estinguere il mutuo per la quota a carico della singola unita' compravenduta, hanno avanzato le seguenti richieste: " A) in via istruttoria, ordinare al Credito Fondiario il deposito di schema di frazionamento del mutuo; B) in via principale, ai sensi dell'art. 30 del d.l. n. 646/1905, disporre la liberazione, totale o parziale, degli immobili colpiti dall'ipoteca e di proprieta' di essi ricorrenti, rappresentando i rimanenti beni vincolati la garanzia di cui ha diritto il Credito Fondiario; C) in via subordinata, ai sensi dell'art. 2889 del c.c., concedere ai ricorrenti, rispettivamente proprietari dei detti beni, e non personalmente obbligati a pagare il creditore ipotecario, la facolta' di liberare i beni stessi dall'ipoteca; D) in via di estremo subordine, ai sensi dell'art. 525 del c.p.c., ammettere l'intervento dei ricorrenti a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, per i titoli e gli importi di loro spettanza". 0.1. - Gli interventi sono certo ammissibili poiche' in tale senso depone il chiaro disposto dell'art. 20, quinto comma, del t.u. Compete ora a questo giudice valutare le ragioni sostanziali dell'intervento ed in qual misura esse meritino giuridica considerazione. Abbiamo da un lato l'interesse del creditore procedente a pervenire alla vendita dei beni pignorati nella maniera piu' celere e priva di impacci; dall'altro lato abbiamo l'intenzione degli aventi causa dell'originario mutuatario di dispiegare pienamente il diritto di difesa nella procedura esecutiva. Il diritto di difesa puo' manifestarsi nei modi piu' svariati: in questo caso, piu' che a partecipare al riparto della somma ricavata dalla futura vendita (partecipazione impossibile dato che l'originario mutuatario e' fallito e questo g.e. non potra' che assegnare il residuo prezzo - rispetto a quanto l'eventuale aggiudicatario dovra' pagare direttamente all'Istituto Fondiario - al curatore del fallimento del mutuatario), gli aventi causa - almeno quelli intervenuti - chiedono che si eviti la vendita del compendio pignorato. 0.2. - Si pongono altresi, in radice, problemi attinenti alla effettivita' dei poteri del giudice dell'esecuzione circa il controllo, sin dal momento iniziale, della ritualita' degli atti di procedura compiuti dal Credito fondiario. 0.3. - Nella situazione in cui e' pervenuta la presente esecuzione paiono manifestarsi, in tutta la loro evidenza, le incongruenze e discrasie caratterizzanti, allo stato, la disciplina dell'espropriazione forzata ad opera degli Istituti di Credito Fondiario. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - La Corte costituzionale ha gia' avuto modo di occuparsi ex professo delle norme di cui all'art. 20, quarto e quinto comma, del r.d. n. 646/1905, ritenendole costituzionalmente legittime. Si impone tuttavia una riconsiderazione della materia alla luce di profili di costituzionalita' ulteriori rispetto a quelli considerati dai giudici che in passato hanno sollevato eccezioni di illegittimita' costituzionale. 2. - La sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 6 giugno 1968 aveva risposto ad una questione sollevata in maniera pero' tecnicamente scorretta - dal tribunale di Benevento (ordinanza 1 giugno 1966). La questione di legittimita' dell'art. 20, quarto e quinto comma, del t.u. del Credito fondiario era stata sollevata in relazione all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Il giudice a quo sospettava che il diritto di difesa - nella procedura in esame - non fosse sufficientemente garantito poiche' le "dette disposizioni, pur prevedendo come unico legittimato passivo della speciale procedura esecutiva immobiliare l'originario debitore iscritto, ancorche' deceduto, non dicono, qualora gli atti siano diretti a costui, come lo stesso possa essere chiamato a comparire nel procedimento esecutivo o essere citato a costituirsi in quello incidentale di opposizione di terzo o comunque difendersi contro le pretese avanzate dall'avversario o da terzi". Nonostante la scorrettezza tecnica dell'ordinanza (consistente nel riferimento ad un assurdo: il diritto di difesa del debitore defunto|), la Corte costituzionale prese ugualmente in esame la questione, riferendola agli eredi del debitore, e concluse dichiarandone la infondatezza. 3. - Rilievo centrale assume la sentenza della Corte costituzionale n. 249 del 14 novembre 1984. Le questioni erano state sollevate dal g.e. presso il tribunale di Lecce (ordinanza 8 aprile 1976) e da quello presso il tribunale di Lecco (ordinanze 7 ottobre 1982 e 3 febbraio 1984), in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione. I giudici a quibus sottolineavano, da un lato, "l'ingiustificato privilegio di cui godono gli enti esercenti il credito fondiario rispetto alla generalita' dei creditori ipotecari" e, dall altro lato, la "situazione di particolare soggezione in cui si trovano gli aventi causa da un debitore dei richiamati enti rispetto agli aventi causa da un qualunque altro debitore ipotecario". 3.1. - Ha ritenuto anzitutto la Corte che l'esame del quarto e quinto comma dell'art. 20 del t.u. non debba essere avulso dalla considerazione dei primi tre commi: "le sorti di questo o di quel comma non possono non riverberarsi sulle sorti di tutti gli altri" dato lo stretto collegamento fra i medesimi. Quanto alla pretesa violazione dell'art. 24 della Costituzione, il nucleo centrale del pensiero della Corte e' il seguente: e' imposto all'avente causa l'onere di notifica all'Istituto fondiario del titolo di acquisto; l'adempimento dell'onere non e' particolarmente pesante e pone l'autore al riparo da ogni sgradevole sorpresa. D'altra parte - ritiene la Corte - non puo' dirsi che l'avente causa che non provveda alla notifica non sia in grado di sapere della procedura intentata dall'Istituto fondiario contro il mutuatario originario: infatti il pignoramento va trascritto, dell'istanza di vendita deve essere data pubblica notizia a norma dell'art. 490 del c.p.c., alla stessa pubblicita' e' soggetta pure l'ordinanza di vendita. Infine, sarebbe comunque assicurata la partecipazione al processo degli aventi causa non notificanti qualora venga proposta opposizione di terzo, attesa l'esistenza di un litisconsorzio necessario tra l'opponente, il creditore procedente ed il debitore esecutato (e, a seguito della morte di questo, i suoi successori ed aventi causa). In merito alla pretesa violazione dell'art. 3 della Costituzione, la Corte ha negato che il privilegio concesso agli Istituti fondiari sia "ingiustificato": la legge vuole "assicurare, attraverso la piu' rapida ed agevole realizzazione, il buon funzionamento del meccanismo del credito, nell'interesse non soltanto degli istituti ma anche di coloro che del credito fondiario e agrario hanno necessita' di servirsi". La Corte, in conclusione della sentenza, ha mostrato di considerare la facolta' di intervento degli aventi causa, prevista dal quinto comma dell'art. 20 del t.u. n. 646/1905, come la conferma che il sistema non sarebbe affatto "squilibrato" a vantaggio degli Istituti fondiari. 4. - Le opinioni espresse dalla Corte costituzionale paiono a questo giudice non interamente condivisibili. Occorre chiedersi, anzitutto, se la partecipazione al processo, attraverso la possibilita' di intervenire, sia veramente assicurata a tutti gli aventi causa del mutuatario. 4.1. - Va premesso che la disciplina di cui all'art. 20 del r.d. n. 646/1905 sovverte i principi generali sulla trascrizione, anticipando gli effetti del pignoramento immobiliare al momento dell'iscrizione ipotecaria in favore dell'Istituto fondiario. Ogni vicenda circolatoria successiva alla trascrizione di detto pignoramento, in mancanza della notifica imposta dall'art. 20, primo comma, r.d. n. 646, e' inopponibile all'Istituto medesimo. 4.2. - La sentenza della Corte costituzionale n. 249/1984, che ha ritenuto del tutto legittima la procedura espropriativa del Credito fondiario, sembra prestare il fianco a legittime critiche nella parte in cui confuta l'invocata illegittimita' dell'art. 20 del t.u. n. 646 in relazione all'art. 24 della Costituzione. La dottrina, come e' noto, ritiene che nel processo esecutivo il contraddittorio (e cioe' il diritto di difesa) sia garantito attraverso il sistema delle opposizioni, intese come rimedi "esterni" al processo esecutivo stesso. Il problema, allora, si pone nei seguenti termini: e' imprescindibile che colui il quale subisce gli effetti della esecuzione sia informato effettivamente dell'esistenza del processo esecutivo a suo carico onde parteciparvi, influenzarne il corso e/o opporvisi? Il caso piu' discusso (proprio quello in esame in questa sede) e' quello in cui il soggetto che risulta debitore dal titolo esecutivo e quello che subisce l'esecuzione siano diversi. Vengono in rilievo, in qualita' di principio generale, le norme di cui gli artt. 602 e 604 del c.p.c., regolanti l'espropriazione contro il terzo proprietario. L'art. 20 del t.u. n. 646/1905 espressamente deroga all'art. 602 del c.p.c. Nulla quaestio circa la pretesa violazione dell'art. 3 della Costituzione. Questo giudice e' perfettamente consapevole che il legislatore ben puo' dettare regole particolari a tutela di certe categorie di soggetti (in questo caso: creditori), per ragioni reputate di interesse generale. E d'altronde con la legge 6 giugno 1991, n. 175, il legislatore, se da un lato ha perso una ottima occasione per una compiuta ridefinizione della materia, ha certamente operato una scelta - implicita ma chiarissima - per il mantenimento del duplice tradizionale privilegio in favore del credito fondiario. 4.2.1. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20 del t.u. n. 646/1905 va dunque riproposta in relazione all'art. 24 della Costituzione. Le considerazioni della Corte costituzionale circa la facilita' con cui l'avente causa dal mutuatario originario puo' avere conoscenza della espropriazione intentata dall'Istituto di credito fondiario non paiono convincenti. Non sembra possibile affermare con tranquillizzante sicurezza che il terzo proprietario (in questo caso: l'avente causa del mutuatario), solo perche' non ha adempiuto all'onere di notificare il titolo di acquisto, non debba essere destinatario di un qualche avviso della procedura in corso nei confronti del dante causa. Il contenuto minimo del contraddittorio nell'esecuzione e' consentire la conoscenza del processo da parte di colui che ne subisce gli effetti, al fine di consentirgli di intervenire e/o opporsi. L'art. 24, secondo comma della Costituzione garantisce come inviolabile il diritto di difesa. Sotto tale profilo e' perlomeno dubbio che si possa condizionare l'esercizio del diritto di difesa agganciandolo ad un comportamento positivo del soggetto passivo (la notifica ex art. 20, primo comma, del t.u. n. 646). Vi sono soggetti - e sono la stragrande maggioranza dei cittadini - che ignorano del tutto la vecchissima normativa speciale sul credito fondiario e pertanto non chiedono periodicamente visure dei registri immobiliari e non consultano sistematicamente il F.A.L. Non pare legittimo che questi subiscano l'ordine di rilascio immediato dell'immobile di cui sono proprietari in base ad un titolo di acquisto regolarmente trascritto (immobile nel frattempo subastato), senza essere posti effettivamente e tempestivamente in grado di contraddire. La scelta legislativa ha inteso favorire gli Istituti di credito fondiario (soggetti economici "forti" e dotati di tutte le conoscenze giuridiche del caso, i quali possono compiere facilmente verifiche e visure), a scapito dei soggetti "deboli", la cui capacita' di accertare e comprendere una intricatissima normativa nonche' le risultanze della documentazione ipo-catastale e', almeno nella media dei casi, assai ridotta. 4.2.1.1. - Va inoltre considerato che, se non informato della procedura in corso, neppure il terzo che abbia adempiuto all'onere della notifica e' posto in grado di far valere le proprie ragioni. Non vale obiettare come il terzo che subisca ingiustamente gli effetti dell'espropriazione (per essere questa stata arbitrariamente diretta contro il proprio dante causa) possa proporre l'opposizione ex art. 619 del c.p.c. ovvero convenire in giudizio per i danni l'Istituto di credito fondiario. Il diritto di difesa costituzionalmente tutelato impone che la tutela sia, per quanto possibile, immediata ed effettiva. Risulta allora evidente la necessita' che tutti gli aventi causa siano in ogni caso notiziati tempestivamente della pendenza della procedura esecutiva: cio' al duplice fine di assicurare il contraddittorio e di porre il giudice dell'esecuzione in grado di verificare che la procedura esecutiva e' stata incardinata correttamente. Quest'ultimo profilo, a dire il vero, non e' direttamente rilevante in questa procedura. Pare tuttavia a questo giudice che la Corte non possa non tenerne conto onde valutare la congruita' complessiva del "sistema" posto dal r.d. n. 646. 4.2.1.2. - Dovrebbe infine essere considerato il caso degli aventi causa successivi rispetto al primo. Se puo' apparire "normale" che i non notificanti subiscano le conseguenze della loro inerzia, certo normale non e' che gli effetti del mancato adempimento dell'onere ricadano anche sui successivi aventi causa (profilo, anche questo, non direttamente rilevante in questa sede). 4.3. - Stara' alla Corte valutare se il legislatore abbia o meno contemperato in maniera equilibrata i due interessi in gioco: celerita' di esecuzione dei crediti fondiari e diritto di difesa dei cittadini (per lo piu' piccoli proprietari). Un accorgimento molto semplice sarebbe idoneo a conferire razionalita' al complessivo "sistema" e a garantire l'effettivita' del diritto di difesa. Cosi' come, nella generalita' dei casi, il creditore procedente deve notificare avviso ai sensi dell'art. 498 del c.p.c. ai creditori iscritti onde consentirne l'intervento, allo stesso modo, nel caso di espropriazione condotta dall'Istituto di credito fondiario, il creditore procedente dovrebbe notificare avviso agli aventi causa del mutuatario originario. Merita di essere ricordato come l'art. 20 del t.u. in esame sia stato tradizionalmente accostato all'art. 2812 del c.c., secondo il quale il creditore ipotecario puo' prescindere dai diritti di servitu', usufrutto, uso ed abitazione trascritti dopo l'iscrizione di ipoteca, potendo far subastare la cosa come libera. I titolari di usufrutto, uso o abitazione, a norma dell'art. 2812, secondo comma, del c.c., sono ammessi "a far valere le loro ragioni sul ricavato, con preferenza rispetto alle ipoteche iscritte posteriormente alla trascrizione dei diritti medesimi": la dottrina e' concorde nel ritenere come, a tal fine, essi debbano essere avvisati della espropriazione, al pari dei creditori iscritti, ex art. 498 del c.p.c. L'interpretazione estensiva dell'art. 498 del c.p.c., volta ad imporre che i terzi aventi causa del mutuatario originario siano avvisati, non costituisce affatto, pertanto, una "forzatura". L'avviso serve anche a garantire - questo e' un profilo finora ignorato - la celerita' dell'esercizio del diritto di intervento. L'importanza che l'intervento avvenga celermente costituisce ulteriore ragione di rilevanza della questione di legittimita' dell'art. 20, quarto comma, del r.d. n. 646. Su cio' si tornera' ampiamente piu' avanti: cfr. punto 5.1.3. 4.4. - In conclusione, e' rilevante, oltreche' non manifestamente infondata, in relazione all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, quarto comma, del t.u. n. 646/1905 nella parte in cui non prevede che l'Istituto procedente debba notificare agli aventi causa del mutuatario originario l'avviso di cui all'art. 498 del c.p.c. Per dare razionalita' al sistema l'avviso dovrebbe essere indirizzato: a) ai diretti aventi causa; b) ai successivi aventi causa; c) ai creditori degli aventi causa che abbiano iscritto ipoteca sul bene (o comunque vantino cause di prelazione risultanti in pubblici registri). Anche il diritto di questi ultimi non puo' essere subordinato all'adempimento di un onere del debitore. La questione di legittimita' costituzionale della norma non puo' essere sollevata con riguardo ai soggetti sub b) e c), siccome irrilevante in questa sede. Ma, cosi' come a suo tempo la Corte costituzionale, sollecitata al giudizio sui soli quarto e quinto comma dell'art. 20, del r.d. n. 646, ha finito con il prendere in esame l'intero "sistema" dell'espropriazione per credito fondiario poiche' esso e' compatto ed inscindibile, allo stesso modo oggi - secondo questo giudice - non si puo' non tener conto, ai fini del presente giudizio, anche dei profili qui non direttamente rilevanti e percio' solo fugacemente tratteggiati (cfr. punti 4.2.1.1. e 4.2.1.2.). Dipendera' dalle valutazioni della Corte, che ritenesse di accogliere la questione sollevata, l'estensione eventuale della pronuncia di incostituzionalita' ex art. 27 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. 5. - Problemi di legittimita' costituzionale si pongono altresi', come si accennava, anche in relazione al "contenuto" dell'intervento dei terzi aventi causa nella procedura esecutiva speciale qui in esame, cioe' alla costituzionalita' dell'art. 20, quinto comma, del t.u. n. 646/1905. 5.1. - L'art. 20, quinto comma, del t.u. stabilisce che nel caso previsto dal quarto comma, (mancata notificazione all'Istituto mutuatario ex primo comma da parte dell'avente causa) "i successori, gli aventi causa o i terzi potranno intervenire nel giudizio, senza obbligo dell'istituto di citare in causa gli altri interessati e non intervenuti per integrare il giudizio". E' chiaro che il legislatore del 1905 ha avuto di mira solo la tutela del diritto degli aventi causa a partecipare alla distribuzione del ricavato dalla vendita. Ma tale partecipazione puo' non esaurire gli interessi che determinano l'avente causa ad intervenire. In effetti, coloro che sono intervenuti nella presente procedura hanno espresso tale interesse solo in via di estremo subordine. Gli interventi hanno qui di mira principalmente - ed e' facile comprendere come nella pratica cio' accada quasi sempre - la liberazione della loro unita' immobiliare dall'ipoteca. Il fatto che il mutuo fondiario, come nel caso presente, non sia frazionato e che l'Istituto non abbia alcuna intenzione di frazionarlo comporta, dal punto di vista degli aventi causa intervenuti, l'impossibilita' di attivare la procedura di liberazione dell'immobile dall'ipoteca (non e' applicabile la procedura ex art. 30 del t.u., prevista d'altronde in favore del solo originario mutuatario; non e' applicabile la procedura ex art. 2889 del c.c.). Allo stato attuale nessuno - ne' una intimazione dell'avente causa ne' un ordine del g.e. - puo' costringere l'Istituto mutuante al frazionamento del mutuo. Secondo l'opinione prevalente, il "frazionamento" costituisce una rinuncia da parte del creditore ipotecario al diritto all'indivisibilita' dell'ipoteca. Il terzo acquirente di immobile ipotecato a garanzia di mutuo fondiario non avrebbe pertanto alcun diritto ne' a favore ne' contro la suddivisione del mutuo e correlato frazionamento dell'ipoteca (cfr., ad esempio, Cass. 14 dicembre 1990, in Vita not., 1991, pag. 429 sgg.). D'altronde, l'Istituto fondiario si riserva sempre, nel contratto di concessione di mutuo, la piu' ampia ed insindacabile discrezionalita' nel frazionamento del mutuo e dell'ipoteca sull im- mobile. Cosi' stando le cose, il diritto di intervento garantito dalla legge consente solo di soddisfare l'interesse (di difficile realizzazione pratica) a partecipare al riparto della somma ricavata dalla vendita dei beni subastati. Nel caso, poi, di fallimento del mutuatario originario (proprio il caso della presente procedura) viene meno anche l'unica ragione possibile dell'intervento: poiche' l'aggiudicatario paghera' direttamente all'Istituto fondiario, versando nella cancelleria delle esecuzioni solo il prezzo residuo, e poiche' il g.e. non potra' far altro che attribuire il residuo ricavato al curatore del fallimento del mutuatario, l'intervento ex art. 20, quinto comma, del t.u. n. 646/1905 appare inutile e privo di senso. 5.1.1. - Spettera' alla Corte valutare la legittimita' costituzionale di tale assetto normativo, con siderato anch'esso sotto il profilo della tutela del diritto di difesa, sia nel caso di fallimento del mutuatario sia nel caso di procedura diretta contro il mutuatario ancora in bonis. Il diritto di difesa viene azionato, per lo piu', per difendere le ragioni sostanziali di piccolo proprietario. Sono in gioco, peraltro, non solo le ragioni della piccola proprieta' (art. 44 della Costituzione) ma, piu' specificamente, le ragioni abitative dei proprietari. Nella quasi totalita' dei casi, infatti, il piccolo proprietario abita l'immobile posseduto ed il diritto alla casa, seppur indirettamente, e' tutelato dalla Costituzione. 5.1.2. - Un intervento del giudice delle leggi appare dunque necessario. Razionalita' e congruenza con i principi costituzionali sembrano imporre che l'intervento ex art. 20, quinto comma, del t.u. debba essere consentito affinche' - come richiesto dalle parti intervenienti nella presente procedura - il g.e. possa ordinare all'Istituto procedente di depositare schema di frazionamento del mutuo e di consentire, previo accordo con la controparte, il frazionamento (frazionamento le cui condizioni, comunque, non possono essere lasciate al mero arbitrio dell'Istituto, dovendo rispondere al fondamentale principio di proporzionalita' e dovendo attuarsi secondo buona fede oggettiva). Il che non implica affatto sconfessare l'orientamento prevalente in tema di frazionamento dei mutui fondiari: l'interpretazione invalsa resterebbe ferma, individuandosi pero' un limite al principio di indivisibilita' dell'ipoteca sancito dal codice civile all'art. 2809, secondo comma, del c.c. Tale limite opererebbe, per ragioni di rilevanza costituzionale, solo nel caso di intervento di aventi causa dal mutuatario ex art. 20, quinto comma, del r.d. n. 646/1905. 5.1.3. - A questo punto appare chiara l'ulteriore ragione (oltreche' rilevanza) della questione sopra sollevata in rapporto al quarto comma dell'art. 20. Se le ragioni dell'intervento segnalate meritano riconoscimento, allora risulta ancor piu' necessaria l'esigenza di un meccanismo (avviso ex art. 498 del c.p.c. a tutti gli aventi causa) che provochi rapidamente l'intervento degli aventi causa: cio' allo scopo di non procrastinare indefinitamente la vendita delle unita' immobiliari componenti il compendio pignorato rispetto alle quali non siano intervenuti i soggetti interessati a promuovere il frazionamento del mutuo. 5.2. - In ultima analisi, appare rilevante, oltreche' non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 20, quinto comma, del t.u. n. 646/1905 nella parte in cui non prevede che gli aventi causa intervenuti nella procedura espropriativa possano chiedere la liberazione degli immobili di loro proprieta' dall'ipoteca nonche' nella parte in cui non prevede che il giudice dell'esecuzione a cio' sollecitato dagli intervenuti, ordini all'Istituto procedente di depositare schema di frazionamento del mutuo consentendo al frazionamento medesimo.